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20 luglio 2022: I mille volti dello Chenin Blanc

Lo chenin blanc è un vitigno poliedrico e affascinante. In Europa è coltivato quasi esclusivamente nella zona centrale della Loira, in Francia, dove costituisce il vitigno a bacca bianca più importante, con circa 10.000 ettari vitati.

È uno dei rari vitigni al mondo la cui gamma espressiva è completa: si presta facilmente alla spumantizzazione, alla vinificazione secca, ma si trovano molto spesso varianti amabile, dolce, passito. Un vino dunque estremamente poliedrico e al tempo stesso caratterizzato da tratti olfattivo-gustativi unici, come gli inconfondibili sentori di mela cotogna.

L’elevata concentrazione in zuccheri naturali e un grado di acidità secondo solo a quello del riesling sono alla base della sua forza espressiva e della sua unicità. Gli elevati tenori in zuccheri e acidi sono ciò che conferisce allo Chenin Blanc la sua poliedricità, ma costituiscono anche la sfida maggiore in vinificazione: è proprio dal sapiente equilibrio di questi due elementi che nascono i migliori Chenin Blanc.

E non a caso la degustazione di ieri sera è iniziata con un metodo classico per terminare con uno Chenin blanc dolce, passando per un rifermentato in bottiglia, quattro secchi, un amabile.

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Prima Batteria.  Bollicine di Chenin.

Clos de la Meslerie, Vouvray Extra-Brut, 2012.
Iniziamo con un metodo classico che fonde l’unicità dello chenin blanc con una vinificazione di rara finezza ed eleganza. Al naso le note di mela verde emergono discrete associate ad agrumi e fiori bianchi. In bocca è complesso, materico e caratterizzato da un’acidità vibrante ma mai citrica. L’assenza di dosaggio amplifica la sensazione di freschezza, che trova però bilanciamento in una materia ampia che appaga il sorso. Ha la stoffa di uno champagne, cosa che si può dire di pochi, pochissimi crémant.

La Grapperie, La Boueilleuse, 2015.
Si tratta in un rifermentato in bottiglia in puro stile naturale, senza alcun additivo, non filtrato. Il profilo olfattivo dello Chenin Blanc emerge più prepotente, il naso è intenso e invitante, alla mela verde si associano la pera, la mela cotogna, e alcune note tostate. In bocca è più rotondo e meno fine del precedente, ma è una conseguenza inevitabile della differenza di metodo di vinificazione. Però la beva è assassina, la piacevolezza estrema.

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Seconda Batteria. Chenin Blanc 2019

Bonnigal-Bodet, Touraine Amboise, Clocher, 2019.
Uno Chenin Blanc vinificato quasi alla borgognona. Levigato, quasi patinato. Fine e preciso ma la specificità del vitigno fatica ad emergere. È un vino straordinariamente ben fatto ma che non emoziona e resterà al fondo della classifica di quasi tutti i partecipanti. Non ci sono difetti, nessuno, ma nemmeno elementi particolari da ricordare. Peccato, perché una bottiglia bevuta tempo fa aveva suscitato risposte molto più positive.

Clos de la Meslerie, Vouvray  sec, 2019
Il confronto con il vino precedente è impietoso tanto a livello di coerenza stilistica quanto di aderenza al terroir. Profuma di Loira che è un piacere. L’annata calda si esprime nell’accordo tra naso e bocca, entrambi di una larghezza misurata, con alcune note di fiori gialli e miele che risuonano con un sorso più ampio ma sempre sostenuto da un’acidità in perfetto equilibrio. Peter Hahn, titolare del Clos de la Meslerie, si rivela sempre un maestro nell’equilibrio tra morbidezze e durezze, che è poi il segreto per fare grandi vini con questo vitigno.

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Terza Batteria: Chenin Blanc 2014-2018.

Domaine de la Roche Bleue, Coteaux du Loir, L’Orée de la Bertherie, 2018
Si apre con un naso espressivo e varietale, che però è un po’ disallineato alla bocca: i profumi di mela cotogna e frutti gialli richiamavano una bocca più generosa di quella che il vino ha offerto. La bottiglia sconta senza dubbio un’annata non ideale per lo Chenin Blanc, avara di quella concentrazione che è capace di creare la sintesi esplosiva di zuccheri e acidi. La 2017 bevuta non molto tempo fa mi aveva regalato ben altre sensazioni.

Sébastien Brunet, Vouvray ‘Pentes de la Folie’, 2017
La bottiglia di questa batteria che convince di più, se non altro per la trama fine ed elegante. Sébastien Brunet è riuscito nel non facile compito di realizzare un Vouvray fine ed elegante ed al tempo stesso materico e profondamente territoriale. L’irruenza dello Chenin Blanc è ben irregimentata: riconoscibilissimo il vitigno, ma con una precisione olfattiva e un controllo in bocca che non è facile trovare. Le vigne di oltre 80 anni e l’annata favorevole hanno certamente facilitato il compito. Va anche riconosciuto che è la bottiglia con il posizionamento di prezzo più alto delle tre.

 

Château de Coulaine, Chinon, 2014
Un produttore noto soprattutto per i suoi rossi, ma che raramente sbaglia un’annata anche sul suo bianco top di gamma. L’evoluzione inizia a sentirsi con note delicate di miele e cedro che si accompagnano agli immancabili sentori di mela cotogna e pera. In bocca il vino si distende in modo placido, l’acidità sostiene il sorso ma l’integrazione è semplicemente perfetta. Non è una bottiglia da colpi di scena, ma semplicemente buona, buona, buona.

 

chenin-blanc-loira-degustazione-aperiwiki-latorrewinesQuarta Batteria: dolcezze.

François Chidaine, Montlouis sur Loire ‘Les Grillonières’, Demi-sec, 2017
Opera prima della figlia di François, Alice. Riesce bene in quello che a mio avviso è la tipologia più difficile, ovvero il demi-sec (amabile). Un vino che è spesso difficile abbinare, con il quale in Italia abbiamo poca dimestichezza. Il contenuto zuccherino è limitato e sostenuto da un’acidità garbata. Il profilo aromatico è tipico dello Chenin Blanc, senza particolari picchi di intensità. E’ un vino discreto e fine, come il precedente non pensato per farsi notare.

 

Clos de la Meslerie, Vouvray, Moelleux, 2015
Peter Hahn, per chi non lo conosce, è un piccolo produttore (meno di 8.000 bottiglie l’anno) che ogni anno, a seconda delle caratteristiche dell’uva raccolta, decide di fare un solo vino: sec, demi-sec, o moelleux.  Inevitabile, data questa scelta radicale a monte, che ogni annata esprima il massimo possibile. E infatti questo Chenin Blanc dolce è semplicemente pazzesco. E’ una concentrazione caleidoscopica di tutti i descrittori tipici dello Chenin, portati all’ennesima potenza, rafforzati dal residuo zuccherino e potenziati da un’acidità possente. L’ho scritto sopra e lo ripeto: Peter è un maestro nella gestione dell’equilibrio tra zuccheri e acidità, e quando l’annata lo consente porta questo difficile equilibrio al limite. È l’opposto del vino di Chidaine: per quanto il precedente era quasi timido, discreto, questo è sfrontato ed esuberante. Ma mettetelo su un parmigiano reggiano o un arborinato un po’ invecchiato e vedrete la stoffa di questo vino. E come se non bastasse la beva è irresistibile, cosa che non si direbbe certo di un vino dolce. Peccato che per il prossimo Moelleux dovremo attendere, forse, la vendemmia 2022.

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