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Breve riflessione sui vini del Nuovo Mondo

Preparando i testi per un imminente gruppo di acquisto sui vini del mondo per il mio wine club, mi sono imbattuto in questa mappa. 

Molti di voi ne avranno viste di simili. Qual’è il punto interessante che emerge?

Sappiamo tutti che il vino è il risultato di più fattori, tra cui i principali sono senza dubbio il terroir, il clima, il vitigno, la mano dell’uomo.
In Europa, culla del vino, c’è sempre stato tutto al massimo livello.
Ora però il clima sta iniziando a giocare brutti scherzi, come lo dimostra ad esempio quest’annata 2022, ma anche la 2017 in Italia. Annate in cui caldo e siccità hanno non solo messo a dura prova la capacità di sopravvivenza delle vigne, ma anche prodotto vini che non resteranno certo negli annali per qualità. Maturazioni fenoliche insufficienti, acidità troppo basse, tannini verdi, profumi spesso ‘cotti’ sono un risultato difficile da evitare quando le condizioni meteo diventano così estreme.

Se il riscaldamento globale è alla base di un vero e proprio rinascimento nella coltivazione di Pinot Nero in zone come l’Alsazia e la Champagne (si pensi l’incredibile crescita qualitativa dei Coteaux Champenois), altrettanto non si può dire di zone più a sud, come ad esempio le Langhe, dove menzioni geografiche un tempo celebri cedono lentamente il passo a zone un tempo considerate meno vocate. Oppure pensate a Radda in Chianti, in due decenni passata dal ruolo di Cenerentola del Chianti a quello di super star dove si producono oggi i migliori vini a base sangiovese.

Certo la ricerca agronomica sta facendo passi da gigante per favorire l’adattamento a condizioni climatiche nuove, ma si tratta pur sempre di strategie di ripiego. E questo vale per aspetti decisivi della qualità del vino come l’acidità totale, la maturazione fenolica, l’evoluzione di antiociani. Tutti questi parametri sono influenzati negativamente da temperature troppo basse, ma anche da temperature troppo alte.
E le previsioni per il 2100 sono ancora più fosche.
Vabbè, noi non ci saremo….

Nella cartina potete osservare che tutte le zone vocate a produzione di vino si trovano in una zona climatica molto stretta e molto ben definita. Paesi come la Nuova Zelanda, l’Australia, il Cile o l’Argentina hanno solo una piccolissima parte del loro territorio in questa zona, e non a caso è solo lì che trovate le vigne.
Nel cosiddetto Nuovo Mondo probabilmente non troveremo (o non sempre) il terroir perfetto, ma il clima è spesso più indicato per la coltura della vite, e la mano dell’uomo sta facendo passi da gigante, grazie alla diffusione sempre più facile e rapida della conoscenza.
Mi è capitato in una recente degustazione di Pinot Nero prodotti fuori dall’Europa di toccare con mano come un clima favorevole, unito ad una sensibilità viti-vinicola da vecchio mondo (coltivazioni in regime biodinamico, lieviti indigeni basse rese, vinificazioni poco interventiste, legni usati) possa dare risultati semplicemente sorprendenti.
Sono probabilmente finiti i giorni in cui vino del nuovo mondo voleva dire marmellata, estrazione, trucioli di legno, trattamento industriale del vino.
Tutto questo c’è ovviamente ancora, ma c’è sempre più anche dell’altro.
E i prezzi, se non si fa lo sbaglio di rivolgersi sempre ai soliti noti, sono sorprendentemente interessanti.

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