Ieri sera a Casa Spadoni a Faenza si è tenuta una bella degustazione di Langhe Nebbiolo delle ultime annate.
Con l’obiettivo di mettere a confronto stili diversi e provare a trarre qualche conclusione su come cambia il modo di fare il vino nelle Langhe, soprattutto grazie al contributo delle nuove generazioni. E devo dire che ci siamo riusciti.
Molti dei vini che abbiamo assaggiato sono elaborati da giovani o giovanissimi vigneron che hanno alle spalle poche vendemmie. E che proprio per questo sono capaci di imprimere uno sguardo nuovo al vino. Una serata dedicata a chi crede che anche in territori così ‘inquadrati’ sia ancora possibile dire qualcosa di nuovo.
Oggi possiamo dire che oltre allo stile tradizionale dei Langhe Nebbiolo concepiti come dei piccoli barolo, e dei Langhe Nebbiolo fatti in sottrazione con le uve non ritenute adatte per fare il barolo, esiste finalmente una terza categoria di nebbiolo.
Un nebbiolo che mi piace chiamare contemporaneo perché non si richiama in nessun modo né alla tradizione che lo voleva vinificato come un barolo, né alla modernità che ha cercato di svecchiarlo con l’uso delle barriques, ma che si caratterizza per uno stile improntato alla freschezza di beva, unita però ad un grande rigore nella vinificazione e al rispetto assoluto del vitigno e del terroir. Nebbioli che parlano della loro terra e del vitigno ma che sanno innovare nel linguaggio e nello stile. Sono nebbioli leggiadri e affascinanti, in cui le durezze del tannino non sono nascoste ma sapientemente messe al servizio di freschezza e bevibilità.
Leggendo questo resoconto toccherete con mano la diversità degli stili interpretativi. Il Langhe Nebbiolo è un vino meraviglioso, capace di una gamma espressiva amplissima.
L’importante è che ciascuno di noi riesca a trovare la sua cifra, lo stile che più lo emoziona.
Direi che ieri sera ci siamo riusciti.
Le More Bianche, Arneis ‘Ironia’, 2021.
Alessandro Salvano, Langhe Nebbiolo ‘DWNL’, 2021.
Produzione piccolissima di questo giovane produttore che farà parlare di sé. Vendemmia leggermente anticipata, pre-macerazione semi carbonica, grappolo intero e vinificazione breve in inox sono alcuni dei segreti che hanno permesso ad Alessandro di realizzare questo piccolo capolavoro.
Un nebbiolo dal colore rosso rubino trasparente, dove dominano chiare note di rosa e poi piccoli frutti. In bocca è slanciatissimo, fresco, di una precisione millimetrica. Il tannino si sente ma non invade mai, naso e bocca sono in perfetto equilibrio. Grande freschezza in un’annata decisamente calda e siccitosa.
Un nebbiolo che non gioca a fare il piccolo barolo.
Il vino più contemporaneo della serata.
Prima batteria: annata 2020
Manuel Marinacci, Langhe Rosso ‘Tango’ 2020
Il colore è rosso rubino chiaro, estremamente brillante, quasi cristallino. I profumi richiamano ancora la rosa e i frutti di bosco. Un vino in forte continuità stilistica con il precedente. La croccantezza di frutto è notevolissima, la bevibilità è il suo punto di forza. Ancora un’interpretazione moderna, contemporanea, di cosa vuol dire fare Langhe Nebbiolo oggi, se si cerca di fare qualcosa di diverso da un piccolo Barolo, e se si cerca comunque di raggiungere l’eccellenza.
Cascina Roccalini, Langhe Nebbiolo, 2020
Il colore è rosso rubino piuttosto scuro. Il naso si stacca nettamente dai precedenti per virare su note fortemente balsamiche. E’ un vino di maggiore classicità, più pieno, intenso. L’alcol c’è (15°) e si sente. In bocca il sorso è ampio e persistente, e come quasi sempre nei langhe nebbiolo di Paolo Veglio la chiusura è morbida, vellutata e avvolgente.
Paolo Giordano, Langhe Nebbiolo, 2020
Quello di Paolo è un nebbiolo che si muove sul filo del rasoio tra modernità e tradizione.
Il colore è rosso rubino piuttosto scarico, al naso dominano soprattutto frutti rossi in una trama fortemente delicata. La bocca ha la struttura solida di Castiglione Falletto: tannini discreti ma presenti che inquadrano una materia mai eccessiva e strabordante. Rispetto ad un assaggio fatto un anno fa l’anno di bottiglia gli ha fatto guadagnare molto in termini di eleganza. I vini di Paolo hanno sempre bisogno di un po’ di tempo per esprimersi, e questo nebbiolo non fa che confermarlo.
Cascina delle Rose, Langhe Nebbiolo, 2020
Il vino è inizialmente molto chiuso, il tannino ruvido. Poi dopo 20 minuti nel bicchiere inizia ad aprirsi e si distende leggiadro. Siamo su un profilo di maggiore classicità. I profumi sono quelli dei frutti di bosco, il sorso è leggermente più ampio e chiama un accompagnamento gastronomico.
Seconda batteria: annata 2019
Nicholas Altare, Langhe Nebbiolo, 2019
Nicholas è un giovane produttore con vigne situate soprattutto nella zona di Dogliani. Il suo Nebbiolo ha un impianto decisamente tradizionale: una permanenza maggiore sulle bucce dà un vino dal colore decisamente più scuro degli altri, e la concentrazione gustativa è anch’essa maggiore. E’ forse il vino che convince meno della serata, paga probabilmente lo scotto di una bottiglia non perfetta, dove note leggermente animali disturbano l’equilibrio olfattivo. Diversi partecipanti hanno evocato l’ipotesi ‘Brett’, poi scartata perché altre bottiglie della stessa annata bevute qualche mese fa non presentavano questo problema.
Francesco Versio, Langhe Nebbiolo, 2019
Francesco è capace di coniugare eleganza e intensità. Il suo Nebbiolo 2019, pur nella scia di Alessandro Salvano, Gianluca Colombo, Manuel Marinacci e Alessandro Bovio, ha maggiore intensità e potenza.
Siamo in una chiave contemporanea ma comunque con uno sguardo ai nebbioli che giocano a fare il Barbaresco, se non il Barolo. L’eleganza però è suprema. Tra i vini della serata è uno di quelli destinati a vita più lunga senza ombra di dubbio. Al naso, oltre ai classici frutti rossi emerge una nota di vaniglia, qualcuno ha evocato la mimosa. In bocca è intenso e lungo, il tannino presente ma delicato.
Le More Bianche, Langhe Nebbiolo ‘Nebiulin’, 2019
Quello di Alessandro Bovio è uno degli archetipi del ‘nuovo corso’ langarolo, anche se tecnicamente non siamo nelle Langhe ma nel Roero. Il 2019 è particolarmente riuscito nella sua capacità di coniugare un naso fresco di frutti rossi ad un sorso leggiadro, con una bella tensione e bevibilità garantita da un tannino presente ma perfettamente integrato. L’annata fresca, unita ad una vinificazione intelligente (pied de cuve, macerazione pre-carbonica, vinificazione breve in cemento) hanno contribuito a questo piccolo capolavoro di eleganza.
Terza Batteria: indietro nel tempo
Santamaria, Langhe Nebbiolo Frérot, 2018
Con Walter Viberti approdiamo ad un universo stilistico del tutto differente. Il colore è quello granato tipico di un barolo con almeno 10 anni sulle spalle. I profumi virano nettamente verso il pout-pourri, il sottobosco, l’etereo. Una volatile inizialmente appena alta esalta i profumi e fa pensare ad un vino da meditazione. In bocca il sorso è molto coerente: vola via leggero nonostante i 15°, il tannino non è mai graffiante e c’è freschezza da vendere. E’ un vino che non può lasciare indifferente nessuno, come tutti i vini di Walter.
Un po’ fuori dagli schemi, lontani sia dalla classicità composta che dalla contemporaneità all’ultima moda. Amo pensare a Walter come all’erede di Flavio Roddolo. Uomini di poche parole che fanno il vino seguendo una strada personale. Vini che inizialmente disorientano, ma che hanno sempre qualcosa da dire.
Aurelio Settimo, Langhe Nebbiolo, 2016
Qui ci troviamo di fronte ad una cantina super tradizionale, che rivendica la continuità stilistica con la tradizione. Tiziana pensa al suo nebbiolo come ad un piccolo barolo, e la vinificazione è coerente con questo assunto: dopo una lunga macerazione il nebbiolo affina per almeno 24 mesi in cemento. Il risultato è davvero un nebbiolo che gioca a fare il Barolo. Ma al prezzo di un nebbiolo.
In un’annata stupefacente, questo vino stupisce per la sua giovinezza. Il colore è rosso rubino intenso e brillante, scuro. Ricorda quasi più un merlot di un nebbiolo. Al naso domina prepotente un frutto integro, polposo. In bocca il sorso è ampio e persistente, il tannino ben presente richiama alla tavola. Un vino che potrebbe accompagnare senza battere ciglio qualsiasi secondo della tradizione Piemontese.
Quarta batteria: sua maestà il Barolo
Santamaria, Barolo Capalòt, 2016
Qui ritroviamo lo stile di Walter come era emerso nel Langhe Nebbiolo: un profilo decisamente autunnale, dominato dai frutti secchi e dal sottobosco, con alcune belle note medicinali che virano poi verso il balsamico. In bocca il tannino è levigato come spesso nei vini di La Morra, ma il sorso resta fresco e leggero in un modo che quasi sorprende. E’ un vino crepuscolare, appena ombroso, che richiama le serate nebbiose di Langa.
Brezza, Barolo Sarmassa, 2016
Il colore è rosso scarico ma brillante, senza alcun accenno di terziarizzazione. Inizialmente il naso è dominato da frutti rossi acerbi che un po’ disorientano. Tempo dieci minuti e la trama fortemente balsamica tipica della Sarmassa emerge prepotente. Dopo una mezz’ora di aerazione i due vini di questa batteria convergono in modo che ha sorpreso molti. In bocca è ampio e persistente, molto classico e un po’ impostato. Non c’è nulla dell’understatement di Walter. Questa Sarmassa vuole ricordarci a tutti i costi che i Baroli sono vini austeri fatti per sfidare il tempo. Sicuramente qualche anno in più permetterà a questo vino di distendersi ancora. In ogni caso quando un grande terroir si esprime in una grande annata attraverso le mani di un grande vigneron, il vino non può che essere anch’esso grande.
La degna conclusione di questa bellissima degustazione.