Quella che vi propongo in questo articolo è una panoramica non esaustiva del mio ultimo viaggio in Langa, dalla quale ho espunto le visite ai produttori più noti, come Bartolo Mascarello, Cascina Fontana, o Burlotto, della cui eccellenza tutti sono edotti. Le Langhe sono una terra meravigliosa, piena di eccellenze e sorprese, da qui il mio invito a non fossilizzarsi sempre sugli stessi nomi e a lanciarsi liberamente alla scoperta di produttori meno noti ma spesso di grande spessore.
Parto con brevi note generali sulle ultime annate.
Partiamo dalla 2017, che ad oltre un anno dalla messa in commercio comincia a prendere forma. Molto migliorata rispetto ai primi assaggi, resta comunque caratterizzata da un profilo aromatico piuttosto unico, dove dominano frutti scuri, appena sciroppati. La struttura è possente, i tannini molto presenti. E’ un’annata decisamente gastronomica, in cui ha fatto meglio chi comunque persegue per stile vini ampi e strutturati. Fatte queste premesse, chi ha lavorato bene ha comunque prodotto Barolo e Barbaresco di valore.
La 2018 è agli antipodi. Una primavera piovosa e un’estate anomala hanno portato vini dalla struttura mediamente esile, o aggraziata. I colori sono scarichi, i profumi fini e delicati, sulla viola e i frutti rossi. In bocca la persistenza è spesso non profonda. Sono vini di grandissima piacevolezza, buoni da bere subito. Se cercate eleganza e finezza non abbiate paura. Ma, vale la pena ripeterlo, essendo un’annata difficile, la mano del produttore vuole dire molto.
La 2019 sta suscitando molte aspettative, e i Barbaresco sono tutti in media di livello alto. C’è energia, c’è frutto, c’è tensione, c’è una bella trama tannica quasi ovunque. Come la 2016, un’annata in cui era difficile fare male.
La 2020 si inserisce in un quadro simile. Appena più calda, ha sfornato vini leggermente più ricchi di materia. Troppo presto per dire come saranno i Barolo, ma i Langhe Nebbiolo sono spesso degli ottimi rivelatori in anteprima.
La 2021, che temevo calda e siccitosa, sarà probabilmente una grandissima sorpresa. Il grado alcolico di diversi Langhe Nebbiolo è più basso che nella 2020, e c’è in genere molto equilibrio. Un’annata da tenere attentamente sotto osservazione.
Fatte queste premesse, sotto vi presento alcune note di degustazione.
Cantina Santamaria
La mia visita in Langa inizia con la cantina di Walter Viberti, di cui avevo già detto più estesamente in questo post.
Qui mi limito ad aggiornare le note alle ultime annate.
Walter continua a proporre una linea di vini essenziale e senza trucchi.
Fermentazioni lunghe, senza controllo di temperatura, con lieviti indigeni e senza filtrazioni ne chiarifiche finali danno luogo a vini che non ricercano la perfezione ma l’espressività territoriale.
Il Langhe Nebbiolo Frérot 2020 subisce una fermentazione lunga che estrae colori e profumi, per essere successivamente vinificato in acciaio in modo da non estrarre eccessivi tannini. Il risultato è un vino dal profumo di frutti rossi e note balsamiche, con un bell’allungo in bocca. L’impianto è tradizionale ma il sorso slanciato e leggero, con i tannini già ben integrati.
Il Barolo Capalòt 2018 esprime in modo più netto e marcato le note balsamiche e quasi mentolate già notate nel nebbiolo, e che sono un po’ il segno distintivo del Capalòt da cui provengono le uve per entrambi i vini.
In un’epoca di vini sempre più curati e ‘perfettini’, i vini di Walter sono una boccata di aria fresca.
Fratelli Alessandria
Con l’arrivo di Vittore in azienda qualche anno fa, i vini sono decisamente migliorati in precisione e raffinatezza e oggi non siamo lontani dalla precisione stilistica dei cugini Burlotto, forse con un po’ di libertà espressiva in più (penso al Gramolere, leggi sotto).
Verduno Pelaverga ‘Speziale’ 2021. Dal colore rosa antico chiaro e cristallino, questo vino esprime con finezza le note chinate tipiche di questo vitigno. In bocca è estremamente fresco, quasi dissetante. Assieme ai Pelaverga di Burlotto e Colombo, si posiziona decisamente ai vertici della categoria. Peccato sia prodotto in dosi omeopatiche e sia quasi impossibile da trovare.
Barbera d’Alba superiore ‘Priorà’ 2019. Una barbera che ‘nebbioleggia’ senza tuttavia perdere l’espressività aromatica del vitigno. Elegante come richiede l’annata.
Barolo del comune di Verduno 2018. Questa è forse la vera scoperta della giornata: un barolo che subisce una macerazione piuttosto breve (circa 20 giorni) e che si presenta già alla vista come portatore di finezza e leggerezza. Al naso dominano i profumi di fiori e frutti rossi. In bocca è leggiadro e fresco, i tannini presenti ma già levigati. È un barolo che ha una struttura esile ma in senso positivo. Si esaltano la bevibilità e la freschezza. Per molti aspetti lo si potrebbe definire un super nebbiolo. Per molti questo potrebbe essere un difetto, per me è un complimento assoluto.
Barolo Monvigliero 2018. Considerato da molti il cavallo di razza della cantina, è in effetti un vino di grande eleganza. C’è molta più concentrazione che nel vino precedente. Al naso dominano frutti rossi con una nota chinata percepibile. È estremamente persistente, anche se forse ancora un po’ dominato dalla vinificazione. Per quanto il barolo del comune si lasciava approcciare da subito, il Monvigliero richiederà invece qualche anno di affinamento per dare il meglio di sé. Comunque un vino che conferma che per chi ha lavorato bene la 2018 sarà non solo una grande annata, ma anche un’annata adatta all’invecchiamento.
Barolo Gramolere 2018. Unica bottiglia prodotta fuori dal comune, in una importante MGA di Monforte. Inevitabilmente, il risultato è un vino profondamente diverso. Al naso è dominato da frutti più scuri, con un profilo olfattivo più intenso, quasi cupo. In bocca si apre appena stretto per poi lasciare spazio alla struttura più ‘dura’ di Monforte. Un vino che resta elegante come da tradizione della cantina, ma che presenta uno scheletro tannico ben più importante che dona impressioni di austerità. Anche questo è un vino che andrà aspettato.
Cantine Brezza
Questa cantina storica di Barolo produce vini improntati ad uno stile pulito, in cui emerge tutta la classicità di Barolo, senza ricerca di particolari ‘effetti’. Estrazioni moderate, buona capacità di far parlare il territorio. Vini sobri e precisi, senza fronzoli o barocchismi.
Di tutta la gamma assaggiata, riporto le note solo dei due baroli che più mi hanno colpito.
Barolo Sarmassa 2018. Dei tre cru di Barolo (Castellero, Cannubi, Sarmassa) è sempre quello più intenso e complesso. Quest’anno lo è ancora di più visto che anche le uve del Vigna Bricco, di solito vinificate a parte, sono confluite qui. Della Sarmassa questo vino esprime a meraviglia le note balsamiche, quasi di eucalipto, che lo rendono fresco e intrigante al tempo stesso.
Barolo Sarmassa ‘Vigna Bricco’ Riserva 2016. Vino ancora un po’ chiuso, come molti 2016 in questo momento. Sotto una camicia di forza che si sbottonerà comunque al contatto con l’aria, lascia trapelare una potenza spaventosa. Un vino che al momento va lasciato riposare, ma dotato di un allungo in bocca in cui potenza ed eleganza sono combinate in modo perfetto. Avrà bisogno ancora di qualche anno di bottiglia per esprimersi al meglio. Ma sarà grande, forse grandissimo.
Livia Fontana
Una cantina che arriva alla quinta generazione con Filippo Fontana, giovane vigneron poco più che trentenne innamorato dei vini di Giuseppe Mascarello, e abbiamo detto tutto.
La decisione di abbandonare le collaborazioni con consulenti esterni e un grosso investimento in cantina segnano un deciso cambiamento di passo, di cui l’annata 2018 è il punto di svolta. Filippo ha puntato su un bottaio di grande prestigio come Stockinger per rinnovare tutto il parco botti. Al momento le botti segnano appena i vini, ma la precisione e finezza stupiscono. Va comunque detto che più che la cantina ad impressionare sono le vigne. In un’annata siccitosa come la 2022, le vigne della famiglia Fontana sono tra le più curate e meno sofferenti che ho visto.
I vini sono caratterizzati da una cifra estremamente elegante, fine, quasi evanescente. Sono delicati e precisi come pochi altri. Il solo rimprovero che gli si può fare è una certa mancanza di territorialità. Ma sono puri, quasi perfetti nella loro trama precisa, tecnica ma mai banale.
Barolo Funtanin 2018. E’ il ‘piccolino’ della famiglia, nato dall’assemblaggio di diverse parcelle. Grandissimo equilibrio e un rapporto qualità prezzo molto interessante.
Barolo Villero 2018. Un’interpretazione fine ed elegante di questo terroir che solitamente restituisce maggiore matericità e potenza. Siamo decisamente un gradino sopra il Funtanin (e due gradini in termini di prezzo) ma la cifra stilistica è quella.
Barolo Bussia Riserva 2016. Qui lo scalino qualitativo è notevole. Ci sono intensità e profondità che ci portano in un’altra dimensione. Note appena balsamiche che vengono a complessificare un quadro olfattivo estremamente ricco e cangiante. Un vino che chiunque dovrebbe aver bevuto almeno una volta nella vita.
Manuel Marinacci
Manuel Marinacci produce circa 15.000 bottiglie, lavorando in uno stile poco interventista che sa spaziare dall’eleganza alla potenza. Sono vini che non ricercano mai la perfezione del tratto, ma piuttosto l’immediatezza. Mai banali, mai costruiti, personali senza essere stravaganti. Come quasi tutti i produttori visitati in questo giro, si definisce un artigiano e non un artista. Non gli interessa che i suoi vini parlino di lui, quanto del territorio da cui provengono. E così è.
Langhe Nebbiolo Tango 2021. Il Tango non è prodotto con uve giovani che in futuro diventeranno Barbaresco, ma da una vigna specificamente selezionata per produrre solo e sempre Langhe Nebbiolo. Il risultato è un vino sempre fresco, dal grado alcolico molto contenuto (un sorprendente 12.5°) e di freschezza e bevibilità sorprendenti. Macerazioni brevi e vinificazioni in acciaio concorrono a raggiungere questo obiettivo.
Barbaresco 2018. Se il Nebbiolo di Manuel sorprende per freschezza, il Barbaresco è pensato per essere un peso massimo della categoria. Lunghe macerazioni e vinificazioni di circa 24 mesi in botti grandi forniscono al Barbaresco una stoffa potente ed intensa. Anche in un’annata fresca come la 2018, il Barbaresco di Manuel è un monumento di energia, ma senza alcun eccesso di legno o di costruzione. Godibilissimo già oggi, è destinato come tutti i suoi Barbaresco a lunga vita. In degustazione abbiamo assaggiato un 2009, ancora giovane come un bambino, di grande equilibrio, ma sempre caratterizzato da questa cifra di energia e potenza.
Paolo Giordano
Paolo ha alle spalle soltanto tre vendemmie, ma la stoffa c’è. La sua è una storia di riconversione dopo una vita professionale trascorsa fuori dalle Langhe. Ritornato, ha recuperato vecchie vigne abbandonate o affittate nella zona di Perno (Monforte d’Alba). Paolo ha fatto la scelta di non affidarsi ad un enologo, come fanno molti vignerons alle prime armi. Il risultato sono vini estremamente genuini, che parlano della terra da cui provengono, che sono a volte scontrosi, ma che regalano sempre grandi soddisfazioni.
Langhe Nebbiolo 2020. Macerazioni di circa 30 giorni seguite da vinificazione in acciaio. Il colore è rosso rubino brillante, i profumi ricordano petali di viola e fragoline di bosco, mentre la bocca rimanda subito alla struttura tannica del nebbiolo. Il tutto però è perfettamente integrato, e questo fa la magia dei vini di Paolo. Appena scontrosi all’inizio, ma sempre eleganti e precisi. Sono vini che abbisognano di 6-12 mesi di affinamento in bottiglia per essere apprezzati in pieno.
Barolo 2018. Prima annata per il Barolo di Paolo, una bella espressione della MGA Perno, di cui valorizza la complessità. Al momento, complice una botte nuova, il legno segna ancora molto il vino. Andrà riassaggiato tra un anno.
Renato Fenocchio
Renato e Milva calcano le scene langarole da almeno tre decenni, e sempre un po’ nell’ombra. I loro vini, che ho assaggiato per la prima volta, mi hanno ammaliato per la loro finezza e precisione. Vini in cui il lavoro di cantina scompare, in cui il legno e la lavorazione sono impercettibili, in cui l’immediatezza del frutto si impone senza mai essere sfacciata. Non fanno vini da competizione, non c’è mai nulla di eccessivo, mai una traccia di legno di troppo. Vini che richiedono attenzione per essere apprezzati e capiti.
Langhe Nebbiolo 2020. Un nebbiolo che è già un piccolo barbaresco per complessità e struttura, e che costituisce la migliore via di ingresso al mondo di Renato e Milva. Prodotto con uve da vigne di oltre 30 anni, subisce una fermentazione di circa 25 giorni ed è successivamente vinificato in acciaio. Come tutti i vini della cantina non è filtrato né chiarificato, e i lieviti sono indigeni. Il risultato è un bellissimo equilibrio tra eleganza e freschezza da un lato e una ferma potenza dall’altro. Il tratto è deciso ma molto suadente, i tannini perfettamente levigati, con quel fondo appena rotondo che caratterizza spesso i Langhe Nebbiolo di questa zona a confronto di quelli di Barolo.
Barbaresco Starderi 2018. Dei tre barbaresco prodotti in cantina quello che in assoluto mi ha convinto di più. Vinificazioni tradizionali e un lungo affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. Uno stile preciso e fine, dove in primo piano si trovano i frutti rossi. Il sorso è svelto, fresco e piacevole, con tannini appena setosi. L’ennesima conferma che chi ha lavorato bene anche nell’annata 2018 ha prodotto bei vini.
Il ’Senquanteut’ (58), annata 2020, è il loro vino di punta. Milva e Renato lo chiamano affettuosamente ‘Barbaresco’, pur senza potergli assegnare la denominazione. Il 58 nasce da una selezione della migliore parcella all’interno del cru Starderi. Viene vinificato interamente in acciaio e commercializzato 2 anni dopo la vendemmia. Una scelta molto coraggiosa per un vino che si posiziona in una fascia di prezzo alta. E tuttavia una scelta azzeccatissima.
Il Senquanteut è un vino estremamente personale e fuori dagli schemi come Renato e Milva, ma che è capace come pochi altri vini di esprimere l’essenza del nebbiolo. Un vino a cui ritorni in modo quasi ipnotico, tanto è perfetto nella sua semplicità. Innovazione nella tradizione, non mi vengono altre parole per descrivere questo piccolo, grandissimo vino.
Cascina Roccalini
Paolo Veglio persegue da tre lustri un progetto di valorizzazione di una MGA poco conosciuta, ma che in passato ha contribuito alla qualità dei vini di Bruno Giacosa, a cui Paolo ha venduto le uve prima di iniziare a vinificare in proprio. Due soli vini prodotti, un Langhe Nebbiolo e un Barbaresco, affiancato in rare annate (2011, 2013 e forse in futuro 2020) da un Barbaresco Riserva. Paolo accompagna le annate con serenità e competenza, il grado alcolico nei suoi vini è spesso elevato, ma quasi sempre perfettamente integrato e poco percepibile. In cantina Paolo è forse tra i vignaioli di langa meno intervenisti. Lieviti ovviamente indigeni, fermentazioni lunghe, cappello sommerso, vinificazioni in botti di parecchi anni che mai segnano il vino. I vini non sono né chiarificati né filtrati. Lo stile non è per nulla sottrattivo, ma al tempo stesso non ci sono eccessi estrattivi. Tutto è spontaneo, immediato, di estrema piacevolezza. Sono vini già approcciabili, ma che richiedono un paio di anni di bottiglia per essere apprezzati al meglio.
Langhe Nebbiolo 2021. Le vigne da cui Paolo realizza il suo nebbiolo crescono (dal dodicesimo anno entreranno nella produzione del Barbaresco), e con esse la maestosità e potenza di questo nebbiolo, oggi a tutti gli effetti un piccolo Barbaresco. Le note sono intensamente balsamiche, il sorso è lungo è con un piacevole tannino che pulisce e rinfresca il sorso. Il Nebbiolo è davvero un piccolo Barbaresco e così va trattato: con rispetto e pazienza.
Barbaresco 2019. Un vino ancora molto giovane, che amplifica i tratti del nebbiolo: più complesso, più intenso, più persistente. La trama è quella, ma la stoffa decisamente più complessa.
Rosanna Sandri
Secondo anno per questa cantina guidata dal giovane Roberto, appena trentenne ma con le idee chiare. Produzione che non raggiunge le 15.000 bottiglie, grande attenzione alla sostenibilità ambientale, vinificazione poco interventista, grande attenzione alla freschezza ed eleganza del tratto. Quattro etichette alle quali dall’anno prossimo si affiancherà un Dolcetto. Il tutto a prezzi ancora molto ragionevoli.
Arneis 2021. Rispetto al 2020, una lunga sosta sui lieviti dona a questo Arneis una matericità importante, che lo staglia al di sopra della maggior parte degli Arneis, spesso a rischio di insignificanza. C’è tanta freschezza ed una spalla acida adeguata, che rendono la bevuta molto piacevole.
Langhe Nebbiolo 2021. Un controllo perfetto dell’alcol, in annata calda, e un equilibrio naso-bocca da manuale per questo nebbiolo che si direziona in modo risoluto verso gli stili contemporanei di Colombo, Versio, Le More Bianche.
Barbera d’Alba 2021. Una barbera interamente vinificata in acciaio, di grande freschezza e piacevolezza. Come per il nebbiolo, va apprezzato l’equilibrio tra aderenza al terroir e freschezza.
Barbaresco 2019. L’avevo già assaggiato da botte l’anno scorso e ho avuto conferma della grande stoffa di questo vino. Solo 2000 bottiglie prodotte, che affinano in una singola botte tronco-conica di legno austriaco. Lo stile è quello fresco e slanciato di tutti i vini prodotti da Roberto, ma con in più complessità e materia. Il registro è sempre quello della finezza e dell’eleganza.
Le More Bianche
Chiudo questa rassegna con l’ultima cantina visitata, e una di quelle a me più care.
Alessandro Bovio è un enologo molto competente, che dopo aver fatto il vino per gli altri per due decenni, ha deciso di creare la sua cantina. Dismessi i panni del ‘tecnico che fa il vino’, Alessandro accompagna le annate lasciando che la diversità climatica si esprima, senza paura di fare vini che variano sorprendentemente da un anno all’altro. E’ questa la bellezza estrema dei suoi vini: un’annata non è mai uguale all’altra, ed è solo il racconto del succedersi delle stagioni che permette di capire perché il vino di un’annata sia cosi diverso dal quello dell’anno successivo o del precedente. Un tecnico sopraffino che se volesse potrebbe fare ogni anno lo stesso vino, ma che opera come un vignaiolo capace di mettere a tacere la sua conoscenza per far parlare la natura.
Arneis 2021. Per me il migliore Arneis sul mercato, senza se e senza ma. Nel 2020 Alessandro aveva utilizzato i pigiati, e il risultato, pur eccellente, peccava di un difetto di acidità. Nel 2021 sono state allungate le fermentazioni sulle bucce e tolte i pigiati. Il colore è più brillante, note tostate, di nocciola e fieno al naso, e una bocca vibrante di tensione. Bellissimo risultato, e con una lunghissima vita davanti.
Langhe Nebbiolo Nebiulin 2021. Il Nebiulin è il capostipite dei nebbioli dallo stile contemporaneo (leggi Salvano, Colombo, Versio, Marinacci). Il tentativo di produrre un Langhe Nebbiolo fresco e scattante e al tempo stesso non banale, dove la bevibilità non è mai ottenuta al prezzo dell’identità del territorio e del vitigno. Il 2021 aggiunge un tocco ulteriore di territorialità. Meno svelto del 2019 per ragioni legate all’annata, ma dai tratti aromatici che più direttamente riportano al suo terreno di origine, il Roero, con note di marasca e la solita bevibilità assassina.
Barbera d’Alba Superiore 2020. Una barbera sfacciata e possente, esuberante e intensa. Colore impenetrabile, naso di prugne mature e un allungo infinito in bocca. Ha davanti a sé almeno 20 anni di vita.
Barbera d’Alba 2021. Il contrario della precedente: leggiadra, sui frutti rossi, acidità vibrante e sorso leggero. Ancora una volta la dimostrazione che un vignaiolo competente, quando asseconda l’annata anziché cercare di dominarla, produce vini che sanno stupire ogni volta, e ad ogni annata.