Quella di oggi è stata la prima di una serie di degustazioni, che si svolgeranno anno dopo anno, in cui metteremo a confronto diversi produttori di Barolo e di Barbaresco sulla stessa annata, dieci anni dopo.
Per questa prima edizione dunque, inevitabilmente, si è trattato dell’annata 2012.
Certamente non tra quelle più chiacchierate, e tuttavia capace di regalare grandi sorprese e soprattutto una freschezza che sulla carta non mi sarei aspettato.
La degustazione comportava nove bottiglie, suddivise in quattro batterie geograficamente abbastanza omogenee.
La degustazione, rigorosamente alla cieca, è stata ricca di sorprese. Grandi e meno grandi, noti e meno noti si sono intrecciati senza che il blasone riuscisse mai davvero a sfondare.
Segno che il livello in Langa, a saper scegliere, è davvero altissimo, e che tante volte i bevitori di etichette pagano un pegno ingiustificato rispetto a grandi bottiglie dai prezzi decisamente più accessibili.
Ma di questo inutile parlare. Ciascuno con il suo portafogli fa ciò che crede.
Però lo dico qui e lo dirò alla fine: liberatevi dalla schiavitù delle etichette, drink wine, not labels (Maynard Amerine).
Prima batteria: Barolo classico
Aurelio Settimo, Barolo
Un barolo da uve interamente prodotto nel comune di La Morra, e più precisamente nella MGA Rocce dell’Annunziata. Qui la stoffa del terroir si sente eccome. Al naso il vino è un turbinio di profumi che partono sull’arancia sanguinella per virare verso il sottobosco, con lievi accenni che ricordano il Brett ma che poi scompaiono. E’ un magnifico balletto senza fine in questo vino dal naso cangiante e dal tannino a tratti ancora duro, che mai avrebbe fatto pensare a questo comune. Un vino che ha molto diviso i commensali, ma che ha trovato tutti unanimi nel considerare che comunque la materia prima era di grandissima qualità.
Cascina Fontana, Barolo
L’ultima annata prima che Mario decidesse di prelevare parta delle uve di Castiglione Falletto per vinificarle e imbottigliarle a parte. Qui dunque in proporzione Castiglione Falletto domina su La Morra. Un vino senza dubbio più elegante, più aristocratico, ma forse meno intrigante. Un vino di cui tutti hanno immediatamente notato la qualità, ma di cui si è altrettanto immediatamente smesso di parlare. Un peccato, per chi, come me, ha una vera adorazione per i vini di questa cantina.
Seconda batteria: Comune di Barolo
Bartolo Mascarello, Barolo
Una bottiglia decisamente sfortunata, con note brodose che hanno determinato una immediata lavandinatura del vino. Peccato.
Scarzello, Barolo Sarmassa, ‘Vigna Merenda’
Di questo vino ha colpito l’incredibile finezza, l’eleganza, la freschezza. Parte su incredibili note di sedano e cardamomo, per poi virare sulle più conseute note balsamiche. Il tannino è vellutato, il tocco in bocca fine e persistente. Un barolo impeccabile.
Terza batteria: Castiglione Falletto
Brovia, Rocche di Castiglione
Si apre su note pungenti, e un tannino molto secco e duro. Poi si distende, il naso inizia ad esprimere quelle note di fiori tipiche del cru, la bocca è elegante, lunga, fine.
Sobrero, Pernanno Riserva
Si apre su note appena polverose, poi vira su frutti scuri. Ma è soprattutto la parte tattile-gustativa a farsi notare. In bocca è lungo, con un tannino estremamente vellutato, e al tempo stesso ampio e appagante.
Quarta batteria: Perno
Giuseppe Mascarello, S. Stefano di Perno
Si apre con il naso forse più ammaliante della serata, fascinoso al limite del piacione, ma senza eccessi. Gli verrà rimproverata una certa difficoltà ad evolvere. Un vino che dà tutto il meglio di sé nei primi 30 minuti, per poi assestarsi su un livello certo più che discreto, ma alla lunga un pelo noioso.
Elio Sandri, Perno Riserva
Elio è il re incontrastato di questa MGA, che interpreta in modo magistrale. I suoi sono vini austeri, a volte un pelo cupi, dove dominano i frutti scuri. Mai piacioni, mai immediati. Sono vini che richiedono attenzione, e che danno il meglio di sé in bocca. La parte tattile-gustativa è sempre quella di maggiore soddisfazione: qui l’allungo su Mascarello è immenso. C’è più profondità, più complessità, un tannino più presente e però perfettamente integrato. Verrebbe da dire, anzi da urlare, un BAROLO quintessenziale.
Quinta batteria:çCappellano, Piè Rupestris
L’unica bottiglia dal comune di Serralunga, e per questo servito da solo. Molti hanno notato l’estrema pulizia del naso, ma anche l’eccessiva ‘costruzione’. Il classico vino perfetto, che però dice tutto quello che ha da dire in pochi secondi. In realtà nel bicchiere, per chi ha avuto la pazienza di attenderlo, il vino poi ha iniziato un interessante percorso evolutivo, che però non è mai giunto a creare un vero stacco con i vini delle batterie precedenti.
Un vino perfetto, che però non emoziona, e che dunque, in fin dei conti, non emoziona. Soprattutto se si considera il prezzo di mercato, di molte grandezze superiore a quello di diversi vini assaggiati nel corso della degustazione.
Per concludere
Nove baroli per dieci commensali, c’è stato modo nelle quattro ore passate assieme di tornare sulle bottiglie assaggiate.
Quello che emerge è un panorama di livello qualitativo altissimo, con delle punte di eccellenza che non sono necessariamente là dove la stampa e i media le pongono.
E un elemento di attenzione per il futuro: nel 2012 Federico Scarzello e Flavio Sobrero avevano appena trent’anni e iniziavano un percorso di innovazione. Sarà interessante vedere cosa saranno riusciti a fare dieci anni dopo, nel 2032, quando assaggeremo la loro vendemmia di quest’anno, il 2022 (certamente non una delle più facili del secolo, per usare un eufemismo).
In ogni caso, ancora una volta si conferma l’importanza di non fermarsi alle solite etichette, la bellezza di andare oltre e di scoprire ciò che di meraviglioso il mondo del vino è in grado di regalare, se semplicemente riusciamo a metterci in ascolto dei vini meravigliosi che aspettano solo di essere scoperti.
Drink wine, not labels!