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Villa Diamante: la verticale 2000-2019

Una verticale di un produttore così importante è sempre un evento, perché permette di valutare la coerenza stilistica nel tempo, così come la capacità di interpretare annate diverse.
Ciò è ancora più vero quando la traiettoria del produttore può essere confrontata a quella di altri produttori importanti della stessa zona.
Nasce così questa degustazione in cui abbiamo degustato alla cieca sei annate del Vigna della Congregazione di Villa Diamante, confrontandole con altri Fiano di Avellino nelle stesse annate.
Un’esperienza appassionante, che è culminata nell’assaggio di una bottiglia culto: quella dell’annata 2000, una delle prime prodotte dalla cantina. Un Fiano con 23 anni sulle spalle e ancora una freschezza emozionante, quasi senza traccia di ossidazione. Emozionante come solo sanno essere i vini che hanno vinto la sfida del tempo.

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Villa Diamante 2000-2019

Se escludiamo l’annata 2000, fuori concorso, i vini che sono piaciuti di più ai partecipanti sono stati quelli più ‘sperimentali’.
Innanzitutto il Clos d’Haut 2013, unico ad essere stato vinificato con lieviti indigeni, e risulta il vino più atipico, con una salinità e un naso di pietra focaia che fanno volare l’immaginazione verso gli Jura più intensi e ‘naturali’. Certo non il più rappresentativo, ma quello che ha fatto emozionare molti.
Il Vigna della Congregazione nella stessa annata esprime invece il classicismo che avevamo riscontrato sulle altre annate, con in più l’accentuata finezza di quest’annata perfetta.
Sempre sul podio la nuova etichetta appena uscita, la riserva da Vecchie Vigne che esce per la prima volta nell’annata 2019. Poco meno di 1000 bottiglie prodotte dai due filari più vecchi della Vigna della Congregazione, circa 40 anni di età. È decisamente più fine ed elegante del Vigna della Congregazione di pari annata. Certo meno pronto da bere, ma con più micro dettaglio, più finezza, più cesello. È sempre impressionante vedere come la semplice età delle vigne abbia effetti così dirompenti sulla qualità del vino.
Di tutte le annate quella che è parsa appena più sotto tono è la 2016, leggermente più evoluta, con note appena sovra mature.
Di grande soddisfazione la 2017, che è stata interpretata con leggiadria nonostante il caldo siccitoso ed opprimente.
L’annata 2018 ha un bell’equilibrio, note di fiori freschi che primeggiano sugli agrumi, mentre la 2019 è apparsa più calda, forse per il contrasto con un vecchie vigne quasi algido.

 

 

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Gli sfidanti

Gli sfidanti erano tutti cavalli di razza: il 906 di Ciro Picariello, Pietracupa, Marsella, il Tognano di Rocca del Principe.
Diciamo subito che il Tognano 2017 è quello che ha sorpreso di più, soprattutto chi scrive che non ne è mai stato davvero entusiasta. In naso era intenso di agrumi e fiori bianchi e la bocca piena di energia sapida e minerale, con l’alcol perfettamente integrato.
Di tutti gli sfidanti è forse l’unico che ha fatto vacillare la superiorità di Villa Diamante.
Ciro Picariello 906, nelle annate 2018 e 2013 ha ben tenuto testa, con il suo stile più teso, dove alcuni hanno trovato un’intenzione ‘furba’ di fare un vino che piace. Il 906 ha sempre uno stile diritto e scattante che lo contraddistingue. E soprattutto una capacità straordinaria di sfidare il tempo.
Pietracupa purtroppo bottiglia non performante che non è quindi possibile valutare.
Guido Marsella, nelle annate 2018 e 2013 ha mostrato continuità per quelle note più intensamente zolfate, e per una bocca più irruenta e minerale, quasi salata, ma non ha scalfito il podio.



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Conclusioni
Nel corso di questa ampia carrellata abbiamo tutti potuto toccare con mano l’incredibile continuità stilistica dei vini di Villa Diamante. Comparativamente, quello che emerge è una ricerca costante della finezza e dell’eleganza, piuttosto che della materia e della potenza.
Sono vini estremamente territoriali, dove annate e vitigno sono egualmente ben leggibili, e dove la mano del produttore si caratterizza più per ciò che toglie che per ciò che aggiunge. Vini di slancio ed eleganza che non sono però ‘magri’ o sottrattivi, e che dimostrano una longevità impressionante.
Oggi chi ha la fortuna di averne può bere con grande soddisfazione i vini messi in bottiglia 8-10 anni fa.

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